Scopri le diverse tipologie di rischi che il consumo di alimenti comporta.
I rischi biologici dell’alimentazione consistono nella possibilità di contrarre attraverso il cibo batteri, virus e parassiti patogeni, ovvero che possono causare malattie. Nella maggior parte dei casi si tratta di microrganismi; alcuni parassiti possono essere in certi casi visibili a occhio nudo, anche se hanno comunque dimensioni limitate a pochi millimetri.
In certe condizioni igieniche e di temperatura i microrganismi patogeni possono proliferare nei cibi, raggiungendo quantità tali da generare infezioni in chi li ingerisce. Alcuni di questi possono produrre tossine che si accumulano negli alimenti e che possono causare intossicazioni.
Le temperature di refrigerazione, congelamento e surgelamento rallentano la proliferazione dei microrganismi negli alimenti, che invece è favorita se questi vengono lasciati a temperatura ambiente. Una cottura adeguata degli alimenti inattiva e rende innocui i principali patogeni. Alcune tossine tuttavia, dopo essere state prodotte, possono permanere nell’alimento anche dopo la cottura; per questo nell’acquisto, nella conservazione e nella preparazione delle pietanze è opportuno rispettare sempre le buone pratiche igieniche che permettono di evitare la proliferazione dei microrganismi.
Le tossinfezioni alimentari possono creare problemi di salute diversi a seconda del tipo di patogeno coinvolto. Nella maggior parte dei casi, in soggetti sani, creano disturbi gastrointestinali, come vomito e diarrea, e sintomi simil-influenzali che si risolvono entro pochi giorni. Possono avere effetti più gravi invece in alcune fasce della popolazione, come anziani e soggetti immunocompromessi (a cui possono causare setticemie, encefaliti o meningiti) o donne in gravidanza (nelle quali possono causare parti prematuri, malformazioni del feto e aborti).
Alcuni dei principali agenti patogeni che possono contaminare gli alimenti sono:
I rischi chimici dell’alimentazione derivano dalla possibile presenza accidentale nel cibo di sostanze potenzialmente dannose per la salute come tossine di origine naturale, contaminanti ambientali e residui di farmaci veterinari usati negli allevamenti.
Alcuni composti chimici potenzialmente nocivi possono inoltre essere generati da processi scorretti di cottura degli alimenti sia a livello industriale che domestico, oppure da effetti indesiderati di sostanze utilizzate nell’industria alimentare.
Tutte queste sostanze possono accumularsi negli alimenti e in seguito nel corpo umano, con effetti tossici che possono colpire vari organi. In base alla quantità, alla frequenza e al periodo di assunzione di queste sostanze gli effetti nocivi si possono manifestare in un arco di tempo ridotto (tossicità acuta) oppure nel medio-lungo periodo (tossicità cronica).
Per questo la legge stabilisce dei limiti entro cui le diverse sostanze potenzialmente dannose possono essere presenti negli alimenti senza comportare rischi per i consumatori. Questi limiti sono utilizzati nei controlli ufficiali svolti regolarmente dalle autorità sanitarie (ASL, NAS) per garantire la salubrità dei prodotti.
La maggior parte delle sostanze chimiche nocive che possono essere presenti negli alimenti non vengono rimosse dal lavaggio o dalla cottura degli stessi. Per ridurre i rischi chimici quindi è importante soprattutto acquistare gli alimenti da canali di vendita convenzionali, che per legge devono effettuare attività di autocontrollo e che sono inoltre sottoposti ai controlli ufficiali. È importante inoltre variare la propria dieta, evitando di consumare sempre gli stessi alimenti.
Alcune delle principali sostanze chimiche che possono trovarsi negli alimenti e avere effetti nocivi per la salute sono:
I rischi fisici dell’alimentazione derivano dalla possibile presenza accidentale di oggetti come pezzi o frammenti di metallo, vetro, plastica, legno o pietre che possono essere causa di soffocamento, tagli, lesioni all’apparato digerente o denti rotti per chi consuma e ingerisce l’alimento.
Nelle aziende alimentari questi rischi sono monitorati attraverso il controllo prima e dopo la produzione dell’integrità degli utensili o dei macchinari utilizzati, oppure – per quanto riguarda il materiale metallico - con l’installazione di un metal detector a valle della linea di produzione. Nel caso in cui si danneggino le attrezzature con perdita di frammenti di metallo, oppure nel caso di caduta accidentale di viti o bulloni, si attiva il metal detector e gli alimenti prodotti vengono scartati e non commercializzati.
Questo rischio tuttavia può verificarsi anche nella ristorazione o nelle preparazioni domestiche. Per esempio quando preparando gli alimenti ci si accorge di aver rotto un contenitore di vetro, oppure dell’ammanco di parti di alcuni degli utensili impiegati, che potrebbero essere finiti all’interno del pasto preparato. In questi casi è meglio non rischiare: il cibo va eliminato e non consumato.
I rischi fisici non sono connessi solo a materiale estraneo alla composizione degli alimenti: nel pesce o nella carne, ad esempio, la presenza di lische ed ossa potrebbero essere causa di soffocamento, in particolare se ingerite dai bambini più piccoli. Per questo va posta particolare attenzione alla loro rimozione durante la preparazione del pesce e della carne, soprattutto se questi alimenti sono destinati ai bambini.
Intolleranze e allergie sono due modalità diverse con cui l’organismo umano può reagire all’interazione con sostanze che si possono trovare negli alimenti.
Si parla di intolleranza quando si verifica una reazione negativa dell’organismo che dipende dalla difficoltà nel digerire o metabolizzare un alimento o un suo componente, come carboidrati, proteine e lipidi. Le persone affette da questo problema hanno solitamente deficit enzimatici, ovvero non hanno - oppure hanno in quantità non sufficiente - particolari proteine (enzimi) di cui l’organismo ha bisogno per metabolizzare e assimilare determinati alimenti o parti di essi. Possono esserne prive fin dalla nascita, oppure è possibile che l'intolleranza venga acquisita nel tempo. Una delle intolleranze più comuni nel sud dell’Europa è quella al lattosio, lo zucchero contenuto nel latte..
L’intolleranza è strettamente dipendente dalla quantità dell’alimento non tollerato che è stato ingerito (dose-dipendente). I sintomi delle intolleranze possono consistere in diarrea, gonfiore e crampi addominali; possono comparire anche a distanza di tempo dal consumo dell’alimento (alcune ore o, in casi rari, anche dopo alcuni giorni), rendendo a volte difficili da riconoscere e mettere in relazione con il cibo assunto.
Per allergia si intende la reazione negativa a una specifica sostanza (allergene) causata dal sistema immunitario. La reazione si origina con la formazione di anticorpi specifici che hanno il compito di difendere l’organismo; l’interazione fra questi anticorpi e l’allergene libera istamina, una sostanza che funziona da mediatore chimico dell’infiammazione, ma che ha anche il ruolo di neurotrasmettitore. L’istamina è il principale responsabile dei sintomi caratteristici di tutte le reazioni allergiche, che possono essere anche molto violente, come prurito, naso che cola, eruzioni cutanee, gonfiori, affanno e difficoltà respiratorie.
Gli allergeni sono sostanze innocue per la maggior parte delle persone; tuttavia alcune persone sono geneticamente predisposte ad avere reazioni allergiche verso di essi. Gli allergeni alimentari più comuni sono: cereali contenenti glutine (grano, segale, orzo, avena, farro), latte, uova, pesce, molluschi crostacei, arachidi e frutta a guscio (mandorle, nocciole, noci, pistacchi), lupini, soia sedano, semi di sesamo, senape, e tutti prodotti derivati da questi alimenti.
Le reazioni allergiche sono generalmente dose-indipendenti: anche una piccolissima quantità può scatenare una reazione la cui gravità è soggettiva e imprevedibile.
Scopri le buone pratiche da adottare per ridurre i rischi, dal momento dell'acquisto fino al consumo degli alimenti.
Gli alimenti che arrivano sulla tua tavola sono sottoposti a un sistema di controlli articolato, a cui contribuiscono sia le aziende che li producono e distribuiscono, sia varie autorità sanitarie preposte per legge.
Gli Operatori del Settore Alimentare (OSA) sono obbligati per legge ad effettuare verifiche periodiche sui loro prodotti o processi di trasformazione, in base alle caratteristiche degli alimenti e sulla base di valutazioni del rischio di tali cibi.
Gli OSA devono quindi predisporre un manuale di autocontrollo ed un piano HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points), da attuare, verificare e documentare al fine di garantire la sicurezza e l’integrità degli alimenti.
Le analisi di laboratorio necessarie, definite nel piano HACCP, possono essere di tipo microbiologico o chimico. Gli OSA possono avvalersi del supporto di laboratori di analisi sia interni che esterni, che devono essere inseriti in appositi registri regionali.
Le attività di autocontrollo permettono alle aziende alimentari di monitorare e risolvere in autonomia le non conformità nell’ambito delle proprie produzioni alimentari, attraverso il miglioramento continuo dei processi aziendali e dei protocolli di controllo dei rischi microbiologici e chimici.
I controlli ufficiali degli alimenti sono l’insieme delle attività finalizzate a garantire la conformità e la salubrità dei prodotti alimentari in relazione a quanto disposto dalla normativa. Coinvolgono tutta la filiera di produzione degli alimenti: dai controlli sulle materie prime e le verifiche negli allevamenti ai processi di lavorazione dei prodotti in azienda, fino alla fase di distribuzione all’ingrosso e al dettaglio.
I controlli ufficiali si basano su piani nazionali gestiti dal Ministero della Salute e coordinati dalle Regioni a livello locale, e sulle ispezioni igienico-sanitarie nelle aziende operate da diverse autorità sanitarie competenti, come ad es. le Aziende Sanitarie Locali (ASL), i Nuclei Antisofisticazione e Sanità (NAS) dei Carabinieri, i Posti di controllo frontalieri (PCF), gli Uffici veterinari per gli adempimenti comunitari (UVAC). In particolare, la maggior parte dei controlli ufficiali sono eseguiti in seguito a ispezioni dei Servizi Veterinari e dai Servizi di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione (SIAN) delle ASL.
Le analisi di laboratorio necessarie vengono svolte da appositi laboratori preposti per legge, come ad es. gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali (IZS) e le Agenzie Regionali per la Protezione dell'Ambiente (ARPA).
In caso di campioni non conformi alle caratteristiche di sicurezza richieste (es. per livelli di contaminazione biologica o chimica superiori ai limiti stabiliti per legge), vengono attivate le azioni più appropriate per tutelare i consumatori e la salute pubblica, come ad esempio il ritiro di prodotti dal mercato e la sanzione delle aziende responsabili di illeciti.
Per segnalare una non conformità di rilevanza sanitaria in prodotti alimentari, il consumatore può fare una comunicazione all’ASL di appartenenza o, in alternativa, ai Nuclei antisofisticazioni e sanità (NAS) dei Carabinieri. Sui reperti alimentare consegnati dal consumatore, le Autorità sanitarie potranno effettuare le eventuali analisi di laboratorio necessarie.
Le allerte alimentari possono partire da controlli ufficiali, da attività di autocontrollo, da segnalazioni dei consumatori o da casi clinici, ovvero in seguito a episodi di infezioni o intossicazione ricondotti a origine alimentare. In tutti questi casi vengono effettuate delle analisi di laboratorio sugli alimenti per verificare la presenza e la quantità di sostanze e microrganismi che sono nocivi per la salute.
In Italia, quando una positività viene accertata dalle analisi di laboratorio, le aziende produttrici possono intervenire in due modi:
L’intervento viene disposto dalle Aziende sanitarie locali (ASL), alle quali – in caso di richiamo – i produttori forniscono anche l’elenco dei punti vendita in cui il lotto contenente prodotti pericolosi è stato distribuito. Le ASL trasmettono tutte le informazioni sull’allerta e gli interventi disposti al Ministero della Salute, che pubblica i richiami sul suo sito web, e a sua volta informa tutte le ASL regionali in cui il lotto è stato distribuito: in questo modo le autorità locali possono effettuare dei controlli per accertare che i richiami siano stati effettuati.
Se i prodotti sono stati commercializzati al di fuori dei confini nazionali, il Ministero notifica infine l’allerta anche al Sistema europeo di allerta rapido per alimenti e mangimi (Rapid Alert System for Food and Feed, RASFF), in modo che tutti i Paesi europei coinvolti dalla commercializzazione dei prodotti pericolosi possano toglierli dal mercato e adottare le necessarie misure per la tutela della salute pubblica
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